
Torno dopo qualche mese di sparizione per cercare di recensire la serie “Cronache del ghiaccio e del fuoco”, da cui è stata tratta poi la serie televisiva “Il trono di spade” (in originale “Game of thrones”, cioè “gioco dei troni”).
So che è una recensione impegnativa, e sono altrettanto consapevole che essa è probabilmente superflua, ma dopo 7000 pagine lette in totale mi sembra un doveroso esercizio verso me stesso e il tempo che ho speso nel leggere questa serie. È ambizioso riassumere tutte le vicende contenute in un insieme di opere così poderoso, e infatti non lo farò. Descriverò a grandi linee “di cosa si tratta” e le impressioni che ne ho ricevuto, poi so che ognuno ne trarrà ciò che gli può sembrare utile.
Partiamo da un presupposto necessario: George Raymond Richard Martin era ed è un grande sceneggiatore televisivo, prima ancora che un grande autore di romanzi. Similmente a Camilleri, dunque, aveva già una formazione precisa nella costruzione di “storie” adatte a essere innanzitutto funzionali, poi anche a venire trasposte sullo schermo. La maestria nell’attorcigliare e dipanare i fili dei personaggi e degli avvenimenti è indiscutibile. In secondo luogo l’autore ha oggi 76 anni: è un grande dubbio se rimarrà vivo tanto a lungo da concludere la saga letteraria (tra l’altro, non l’unica che ha scritto, ma sicuramente quella di maggiore successo).
Di cosa stiamo parlando: “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” è una serie di libri che inizialmente doveva essere una trilogia. Durante la scrittura, però, l’opera è lievitata enormemente, fino a diventare quello che è oggi: una pentalogia granitica (e incompleta), di cui ogni libro consta di circa 1500 pagine. Nell’ideale dell’autore pare che dovrebbero aggiungersi almeno altri due libri, immagino di stazza simile, ma ahinoi l’ultima opera ha visto la luce nel lontano 2011… Possiamo relativamente sperare di vedere (forse) il penultimo libro in uscita nei prossimi anni (dovrebbe intitolarsi “I venti dell’Inverno”), ma ho forti dubbi che vedremo mai l’ultimo, dal titolo ipotetico “Un sogno di primavera”.
Il pianeta dove si svolgono gli avvenimenti è di fantasia, e in questo mondo gli anni non sono suddivisi in stagioni, bensì al contrario ogni stagione dura diversi anni (circa cinque anni ciascuna, più o meno). Un’estate “lunga” è eccezionale e dura dieci anni, un inverno altrettanto lungo porterebbe all’estinzione di buona parte dell’umanità per mancanza di cibo. Infatti in inverno (quante volte si legge nella saga che “l’inverno sta arrivando”…) buona parte del globo viene coperto dalla neve, tranne nelle terre dell’Est oltre il Mare Stretto (nel continente denominato Essos), dove però il clima è desertico. Particolare la situazione a Valyria, isola che ha dato i natali ai draghi e all’acciaio in grado di sconfiggere gli Estranei. In questa isola seicento anni prima è accaduto il Disastro, ovvero un’esplosione gigantesca, con conseguente tsunami che ha spazzato via tutta la civiltà valyriana. Attualmente il mare di fronte a Valyria ribolle di gas (le navi che lo attraversano non fanno mai ritorno), mentre la terra di Valyria sembra essere infestata da enormi vermi che sputano fiamme, anche se possono essere delle mere leggende.
Il fatto che “l’inverno stia arrivando” non è solo un pericolo esiziale per l’umanità a causa della mancanza di cibo, ma soprattutto perché con il freddo si risvegliano gli Estranei, creature di non-morti contro la cui invasione è stato fondato il corpo dei Guardiani della Notte ed è stata eretta la Barriera. Quest’ultima consta di una parete alta 300 metri, costituita di ghiaccio, lunga 480 km, che delimita le terre dell’estremo Nord. A sud della Barriera ci sono i Sette Regni (ora unificati), ovvero il continente occidentale dove si svolge la maggior parte degli avvenimenti dei libri (questo continente si chiama Westeros). A nord della Barriera invece si stende una terra povera e brulla, molto fredda anche d’estate (non si scioglie la neve), terra dove si spostano i bruti, uomini nomadi e poveri che vivono di stenti, separati in diversi villaggi disorganizzati ma molto vivaci. Assieme ai bruti esistono anche creature ataviche come i “figli della foresta” (che però sembrano essere scomparsi agli albori dell’umanità), oppure gli Estranei, esseri mostruosi e cattivissimi che per fortuna si risvegliano solo in inverno… ma purtroppo sono ben pochi i modi per renderli inoffensivi. Creano un terrore così profondo in chi li incontra (e sopravvive) che l’umanità li teme… ma l’ultima loro invasione risale ad almeno mille anni prima, perciò nella maggior parte delle persone c’è ben poca consapevolezza del pericolo che portano tali esseri.
I personaggi: sono davvero molti, ed è comprensibile per una storia che si snoda in svariati “anni” e per un’estensione territoriale che comprende quasi un intero pianeta, seppur inventato. Diciamo che più che i singoli personaggi (tranne alcuni chiave, come Cersei Lannister, Tyrion Lannister, Daenerys Targaryen e altri) a contare sono le case nobiliari. La storia infatti si basa sulla lotta continua per il potere da parte delle diverse casate, ovvero la conquista del “trono di spade”: lo scranno del re dei Sette Regni. Chi conquista, per diritto di nascita o per diritto di conquista, il trono di spade, regna su tutto il continente occidentale (Westeros), con l’aiuto delle casate che lo appoggiano. La brama di potere fa sì che il re, una volta in carica, si possa fidare di ben poche persone, mentre tutto intorno si svolgono intrighi, sotterfugi e tradimenti per detronizzarlo (tipicamente per uccisione), e le strategie per sottomettere le casate che “reggono” la dinastia sono il terrore, e le guerre. I combattimenti dei diversi eserciti sono permanenti durante tutta la saga, e ricordano molto da vicino l’Europa medievale, con cambi di alleanze, mercenari, battaglie per terra e per mare, e tutti i problemi logistici, umani e familiari che ne conseguono. Devo dire che la “battaglia delle acque nere”, che si svolge per buona parte del libro quarto intitolato “Lo scontro dei re”, è uno degli episodi più coinvolgenti e ben descritti di tutta la saga, e mi ha personalmente rapito nella lettura. Davvero un’esperienza fenomenale.
Durante la saga si susseguono almeno tre re sul Trono di spade, e almeno altrettanti reggenti, con la condizione che i Sette Regni, senza un vero re, tendono alla disgregazione: per la maggior parte della saga infatti si contano almeno cinque pretendenti re, con la postilla della presunta regina Targaryen che nel frattempo cerca di sottomettere Essos e contemporaneamente recuperare un proprio esercito per rivendicare il trono di spade. Ma veniamo dunque alla storia nel suo insieme.
Il regno all’inizio è in mano a Robert Baratheon, sposato a Cersei Lannister. Il re è salito al trono dopo la sconfitta dei Targaryen, la storica casa originaria di Valyria che aveva conquistato i Sette Regni grazie all’aiuto dei draghi. Ora questi sono estinti, e i Targaryen ne hanno quasi seguito le orme quando il fratello di Cersei, Jaime, ha ucciso il re Aerys “il folle”, e quasi tutti i suoi figli.
Robert regna in modo oculato, ma adora troppo il vino e le battute di caccia… mentre sua sorella adora ben altro. Robert muore in una strana battuta di caccia: una morte apparentemente naturale, ma cosa c’era nel vino che aveva bevuto in abbondanza? Perché i Primi Cavalieri del Re muoiono non appena si interessano troppo all’albero genealogico dei Baratheon? Chi ha spinto il figlio di Eddard Stark giù dalla torre, storpiandolo per sempre?
I Lannister, i Leoni, combatteranno senza fine per difendere il trono di spade, che è ora in loro potere dopo la morte di Robert Baratheon, ma gli Stark, i Lupi, muoveranno guerra dopo l’incarcerazione pretestuosa del loro capofamiglia Eddard Stark.
Ma il trono di spade viene altresì reclamato dai fratelli di Robert, dopo la sua morte: Stannis e Renly, i Cervi, non riconosceranno il presunto figlio di Robert Baratheon, Joffrey, come legittimo re, e muoveranno guerra a loro volta contro i Lannister.
Nel frattempo gli ultimi due Targaryen, Viserys e sua sorella Daenerys, sono in esilio a Essos, e cercheranno di raccogliere un esercito per riprendersi i Sette Regni che, a loro avviso, spettano loro di diritto.
Infine, al Nord, oltre la Barriera, i bruti si riuniscono e scavano le montagne alla ricerca di un oggetto magico… mentre il “re oltre la Barriera”, Mance Rayder, un ex confratello dei Guardiani della notte, progetta l’assalto finale.
Attenzione: la quantità di battaglie, intrighi, vicende personali passionali e fughe (combattimenti, rivoluzioni, viaggi) è impressionante, dunque quello qui sopra è un riassunto estremo.
Lo stile di scrittura è veloce, scarno, impregnato più sulla descrizione degli eventi e dei sentimenti dei personaggi che sulle riflessioni personali: si legge molto velocemente, ma ciò non significa che sia una lettura superficiale. I personaggi infatti sono seguiti in modo così completo che alla fine sembra di conoscerli da sempre, ma la frizzante fantasia di George R.R. Martin fa sì che non ci si annoi veramente mai: vengono continuamente aggiunti nuovi eventi, elementi imprevisti e nuove ambientazioni, creando un mondo vario e pulsante, estremamente verosimile. Un plauso va infine alla costruzione della “mitologia interna” al libro: il pianeta del trono di spade ha una sua storia che affonda le radici nei novemila anni precedenti, con vicende alterne e conquiste di interi popoli… che poi si scoprirà non essere estinti, ma solo nascosti. Leggende millenarie si raccontano tra i personaggi della saga, e sembra realmente di essere proiettati in un intero mondo alternativo. Una costruzione complessa e mirabile, senza dubbio un’opera d’arte letteraria degna di nota.
Il realismo del mondo diegetico passa anche attraverso la crudeltà di certe scene, la mancanza di etica di alcuni personaggi (non tutti), e la violenza cieca della guerra. Questi risvolti possono non piacere, ma contribuiscono a caratterizzare in modo forte il mondo del trono di spade. D’altra parte, i conoscitori della storia medievale non vi troveranno nulla di troppo distante da una realtà che, anche solo due secoli fa, era la normalità: il livello di violenza media era molto più elevato rispetto a oggi, e ciò si riscontra anche nella saga di George Martin.
Interessante il discorso riguardo la religione: da un certo punto di vista potrebbe sembrare che l’autore non apprezzi la religiosità. Infatti per ogni popolo lui inventa un insieme di credenze, riti e preghiere specifici, apparentemente ponendo tutte le religioni sullo stesso piano di mere superstizioni evocative in grado di dare speranza al popolino e poco più. Poco cambia per lui che la gente preghi il “dio subacqueo”, i “sette dei” o gli “dei antichi”. Da un altro punto di vista però George Martin ammanta due religiosità (il “dio rosso” e “il popolo della foresta”) di poteri reali e riscontrabili, uno con caratteristiche maligne e uno con caratteristiche benigne, il che richiama in modo diretto lo scontro, nella visione cristiana, tra satana e Dio. La collisione tra le due religiosità sembra avvicinarsi gradatamente durante la saga… peccato che per ora la serie di libri non continui, sarei molto curioso di vedere gli sviluppi di questo potente contrasto.
La serie televisiva, infine, riflette le gesta presenti nei libri… con molte differenze, direi per forza di cose necessarie. La mancanza di un vero finale nella saga letteraria ha a mio avviso costretto a variare la storia del mondo del trono di spade in modo da “costruirne” uno: gli archi dei personaggi, rispettati praticamente in modo integrale nella prima stagione della serie televisiva, a partire dalla seconda stagione sono stati costretti a deviare, e molto, verso un finale complesso ma definito. Le variazioni sono coerenti con i personaggi (anche se non completamente), e rispettano le dinamiche di massima della saga letteraria, consentendo una piacevole fruizione da parte degli spettatori. Chiaro però che gli affezionati lettori, come quasi sempre, ne saranno scornati… Comprensibile, ma i lettori forti non si stupiranno di rimanerne in parte delusi: succede quasi sempre quando si traduce un’opera letteraria sullo schermo.
Una breve digressione per parlare della deriva editoriale (simile a casi come Harry Potter) che ha inevitabilmente colpito i libri delle “Cronache del ghiaccio e del fuoco”. Se in America i libri sono cinque (per ora), e tali rimangono, in Italia gli editori si sono lasciati prendere la mano, e hanno tradotto i cinque libri in dodici (per venderli meglio? Per rischiare meno a ogni uscita? Per avere meno resi in magazzino?), poi facendo uscire un’edizione “superlusso” dei cinque libri integrali, infine pubblicando una nuova versione grafica sia dei cinque libri (meno superlusso ma pur sempre molto corposi) sia della serie di dodici. Capiamoci: il contenuto di 7000 pagine è sempre quello, hanno solo variato nel tempo la possibilità di dividere quella quantità di pagine in cinque libroni o in dodici libri “normali”. La scelta sta a voi.
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